La Carenza di Evidenze Scientifiche
Già nell’Agosto 2023 il Ministero della Salute aveva tentato di inserire i prodotti con CBD ad uso orale tra i medicinali con effetti psicotropi.
Tale tentativo era però stato bloccato dal TAR del Lazio (Tribunale Amministrativo Regionale), che ad Ottobre dello stesso anno aveva sospeso il Decreto del Ministro Schillaci sulla base della mancanza di evidenze scientifiche sulla pericolosità del CBD per la salute pubblica.
Con la decisione finale del TAR ancora pendente, il Ministero della Salute ha però deciso di forzare la mano con un nuovo provvedimento dal contenuto identico al precedente.
Ciò che appare evidente è che anche per il decreto del 2024 la scelta del Ministero è priva di qualsiasi base scientifica. In particolare: a) il Decreto menziona brevemente i pareri del Consiglio Superiore di Sanità e dell’Istituto Superiore di Sanità, che sarebbero in questo caso stati richiesti dal Ministero.
Il contenuto di tali valutazioni scientifiche non viene però in alcun modo riportato all’interno del testo del Decreto e al contempo non è stato reso pubblico dalle autorità; b) il Decreto paradossalmente cita la raccomandazione 5.5. dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), la quale nel 2019 invitava i paesi membri a non inserire il CBD in alcuna tabella di sostanze con effetti psicotropi, ovvero tutto il contrario di quello che il Ministero della Salute si appresta a fare.
La violazione del Diritto Europeo Oltre all’assoluta mancanza di basi scientifiche, il Decreto del Ministero è in palese contrasto con i principi e le regole del diritto dell’Unione Europea. In particolare:
a) Mancata notifica TRIS (Technical Regulation Information System): I paesi membri hanno l’obbligo di notificare all’Unione Europea e agli altri stati membri ogni provvedimento che ponga delle potenziali restrizioni alla circolazione dei beni nell’Unione Europea, affinché questi possano effettuare le loro valutazioni.
Nel caso in questione è evidente che il Decreto, fornendo l’esclusiva alle farmacie, restringa la circolazione dei beni all’interno del mercato europeo e che pertanto l’Italia avrebbe avuto l’obbligo di notificare tale decisione.
Il Ministero della Salute ha però del tutto ignorato tale procedura e non ha effettuato alcuna notifica in proposito tramite il TRIS.
b) Violazione degli articoli 34, 35 e 36 del Trattato su Funzionamento dell’Unione Europea: Tali articoli vietano agli stati membri di introdurre restrizioni quantitative all’importazione o esportazione di beni dal loro paese nonché misure aventi effetto equivalente, tranne nel caso in cui siano motivate dalla necessità di salvaguardare la salute pubblica. Come anticipato, Il Decreto del Ministero della Salute restringe il commercio di CBD tra l’Italia e gli altri stati membri dell’UE ed al contempo, come già in passato chiarito dal TAR, non è giustificato da alcuna prova di rischio per la salute pubblica derivante dalla vendita di CBD.
c) conflitto con la sentenza “Kanavape” della Corte di Giustizia Europea: Nel Caso n. 633 del 2018, la Corte di Giustizia Europea ha chiarito che “Uno Stato Membro non può proibire la commercializzazione di cannabidiolo (CBD) legalmente prodotto in un altro Stato Membro qualora estratto dalla pianta di Cannabis sativa nella sua interezza e non soltanto dalle sue fibre e dai suoi semi” in quanto “il CBD in questione non risulta avere effetti psicotropi né effetti nocivi per la salute umana”. Pertanto, il Decreto in questione, restringendo la commercializzazione di CBD, viola apertamente quanto stabilito dai giudici della Corte di Giustizia Europea, le cui decisioni devono invece essere sempre rispettate dagli stati membri.
La violazione del Diritto Europeo
Oltre all’assoluta mancanza di basi scientifiche, il Decreto del Ministero è in palese contrasto con i principi e le regole del diritto dell’Unione Europea. In particolare:
a) Mancata notifica TRIS (Technical Regulation Information System): I paesi membri hanno l’obbligo di notificare all’Unione Europea e agli altri stati membri ogni provvedimento che ponga delle potenziali restrizioni alla circolazione dei beni nell’Unione Europea, affinché questi possano effettuare le loro valutazioni. Nel caso in questione è evidente che il Decreto, fornendo l’esclusiva alle farmacie, restringa la circolazione dei beni all’interno del mercato europeo e che pertanto l’Italia avrebbe avuto l’obbligo di notificare tale decisione. Il Ministero della Salute ha però del tutto ignorato tale procedura e non ha effettuato alcuna notifica in proposito tramite il TRIS.
b) Violazione degli articoli 34, 35 e 36 del Trattato su Funzionamento dell’Unione Europea: Tali articoli vietano agli stati membri di introdurre restrizioni quantitative all’importazione o esportazione di beni dal loro paese nonché misure aventi effetto equivalente, tranne nel caso in cui siano motivate dalla necessità di salvaguardare la salute pubblica. Come anticipato, Il Decreto del Ministero della Salute restringe il commercio di CBD tra l’Italia e gli altri stati membri dell’UE ed al contempo, come già in passato chiarito dal TAR, non è giustificato da alcuna prova di rischio per la salute pubblica derivante dalla vendita di CBD.
c) conflitto con la sentenza “Kanavape” della Corte di Giustizia Europea: Nel Caso n. 633 del 2018, la Corte di Giustizia Europea ha chiarito che “Uno Stato Membro non può proibire la commercializzazione di cannabidiolo (CBD) legalmente prodotto in un altro Stato Membro qualora estratto dalla pianta di Cannabis sativa nella sua interezza e non soltanto dalle sue fibre e dai suoi semi” in quanto “il CBD in questione non risulta avere effetti psicotropi né effetti nocivi per la salute umana”. Pertanto, il Decreto in questione, restringendo la commercializzazione di CBD, viola apertamente quanto stabilito dai giudici della Corte di Giustizia Europea, le cui decisioni devono invece essere sempre rispettate dagli stati membri.